Curare l'ansia su una mongolfiera (virtuale)

Una piattaforma tecnologica innovativa dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa congiunge realtà virtuale e analisi dei segnali corporei per supportare nel trattamento dell’ansia.

La persona che indossa il visore di realtà virtuale è monitorata con sensori non invasivi che raccolgono dati sul battito cardiaco e sulla conduttanza cutanea, che noi riusciamo a interpretare come correlati a diversi stati di ansia o rilassamento. Lo scenario di realtà virtuale riceve questi dati e modula il movimento della mongolfiera. Siccome lo scopo della persona è farla salire, a poco a poco impara a regolare respirazione, battito e sudorazione, e quindi ad avvertire meno stress e a rilassarsi.

Lo studio, apparso sulle Transaction on Affective Computing mostra che già dopo cinque minuti di uso del dispositivo le persone imparano a rilassarsi. I ricercatori hanno applicato gli stessi principi all Disturbo d’Ansia Sociale, enormemente aumentato dopo gli anni del Covid19 soprattutto tra giovani e giovanissimi. Da un paio d’anni nel Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) “BRAVE” (Biofeedback-based peRsonAlised Virtual-reality Exposure therapies for anxiety disorders) stanno lavorando a una piattaforma tecnologica innovativa che applica sistemi di monitoraggio dei segnali corporei e realtà virtuale a quella che in psicologia viene chiamata “terapia dell’esposizione” e che consiste nell’esporre la persona allo stimolo temuto o alla situazione che genera ansia.

Una sala d’attesa che si riempie lentamente, con persone che si avvicinano o tentano di interagire con l’utente, e uno scenario in cui all’utente viene chiesto di tenere un discorso in un teatro davanti a un pubblico numeroso. L’obiettivo è stimare in tempo reale il livello di ansia percepita dal soggetto attraverso il monitoraggio delle dinamiche cardiovascolari e della conduttanza cutanea, al fine di adattare dinamicamente il livello di stimolazione ansiogena dello scenario e garantire una terapia personalizzata e tollerabile.

Questa estrema flessibilità e adattabilità del dispositivo lo rende uno strumento adatto sia a contesti clinici che non clinici per far fronte a un problema sociale che sta assumendo una portata sempre più preoccupante con un approccio che si presta anche ad applicazioni di telemedicina guidate a distanza (per esempio, per il trattamento delle persone in ritiro sociale, una condizione che include anche i cosiddetti hikikomori). Questa linea di ricerca si inserisce nelle attività del Centro 5.0 del Dipartimento, dove lavoriamo per la messa a punto di tecnologie sempre più Human-Centered, cioè pensate e progettate tenendo al centro le esigenze delle persone.