Corriere Fiorentino - Lo smartphone diventa un microscopio con una lente inventata dall’Università di Pisa

11 Novembre 2021
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Svolta epocale per ospedali e laboratori medici sparsi in zone del mondo dove attrezzature di analisi costose passano ora da essere utopia a realtà

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Trasformare un semplice smartphone in un microscopio capace di individuare batteri su cibo e acqua. E’ una delle possibili applicazioni di una nuova tecnologia ottica scoperta dagli scienziati del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa. E se sembra un vezzo per fissati dell’hi-tech basta pensare alla svolta epocale per ospedali e laboratori medici sparsi in zone del mondo dove attrezzature di analisi costose passano ora da essere utopia a realtà. La scoperta si basa su un nuovo procedimento per sintetizzare filtri ottici partendo da un polimero trasparente su cui vengono scritte con una stampante a getto di inchiostro opportunamente modificata nanoparticelle di metallo nobile (oro o argento). Il procedimento, che di solito si misurava in giorni, in questo caso richiede circa un minuto, costa pochi centesimi e permette di ottenere risultati mai ottenuti prima. La scoperta porta la firma del team guidato dal professor Giuseppe Barillaro, docente di elettronica, e formato dai dottorandi Martina Corsi e Alessandro Paghi, ed è stata pubblicata sulla rivista “Advanced Optical Materials”.

 

Lo studio si basa sull’uso di ioni fluoro durante il processo di sintesi delle nanoparticelle sul supporto polimerico, in questo caso silicone, scelto per la sua versatilità e per il costo competitivo. La distribuzione e la densità delle particelle, che per la prima volta può essere variata in tempo reale, conferisce al prodotto le sue proprietà ottiche. Fino ad ora non era stato possibile farlo a causa della lentezza del procedimento di sintesi standard. «Il polimero siliconico - spiega il professor Barillaro - si trova quindi ad avere nuove proprietà se “decorato” con argento, oro, o con una combinazione di entrambi, e può essere usato per la produzione di filtri ottici non basati sui principi dell’ottica standard, dove le proprietà della lente dipendono dalla sua curvatura e dall’angolo di incidenza della luce, ma sul fenomeno della risonanza plasmonica. Invece, le proprietà dei filtri così ottenuti derivano dalla densità e dalla distribuzione delle nanoparticelle sul polimero».

 

In sostanza la lente artificiale può essere attaccata alla camera di un cellulare per ottenere prestazioni comparabili a quelle di un microscopio da 30mila euro. «Con uno smartphone e la lente – spiegano dall’università di Pisa - potenzialmente si potrebbe dotare ogni ospedale o presidio sanitario o scuola o altre strutture presenti sul territorio della capacità di eseguire analisi su acqua e cibo, contribuendo così a combattere diverse malattie, come ad esempio il colera, devastante in molti territori di Asia, Africa e Sud America».